Sì, un biplano, esatto.

Ce n'era bisogno?
No, ovviamente no.
"Un uomo senza blog è come un pesce senza bicicletta" dice più o meno il saggio e questi sono tempi in cui ci sono più blog che uomini, pesci e biciclette messi insieme.
E allora?
E allora eccomi qui a fare un altro ennesimo blog nascosto tra i milioni di altri blog. Perché sì. Perché io ho una passione, male comune nella razza umana, e leggere quei pochissimi blog esistenti su questa mia inusuale passione mi ha dato l'energia per arrivare in fondo, mi ha dato emozioni tali che un infermiere potrebbe scambiare per sintomi di epilessia.
Così ecco questo blog: uno tra i tantissimi blog, ma uno tra i pochissimi a parlare di biplani.
E non dei biplani degli eroi o dei pilotoni con carte di credito placcate d'oro. No.
Sono un impiegato, ho una famiglia, ho come tutti mandrie di simboliche nuvole nere che tolgono il sole e a volte mi fradiciano: se ci sono riuscito io può riuscirci chiunque. E un blog che racconta una storia simile non l'ho mai trovato, e se l'avessi trovato, caspita!, mi avrebbe reso felice.
Ho una chance di rendere felice qualcuno, come non approfittarne? :)
Quindi iniziamo: "C'era una volta un biplano..."

venerdì 8 gennaio 2016

8. I club

Lasciamo stare per un post la formazione del pilota e il primo mezzo da scegliere.
Parliamo del resto del mondo.

E sì, perché vivevo nello stesso mondo di prima dove i biplani per quel che mi riguardava non esistevano. Non ne avevo ancora mai incontrato uno prima di iniziare il corso di volo. Come fare per entrare in contatto con i superstiti di questa stirpe mitologica?
Risposta semplice: Google. Cerca "nonna in discoteca" e ci trovi pure quella. Ho provato, sto leggendo di nonne cubiste e di anziane inquietanti a Ibiza. Ma non divaghiamo nell'horror. Dicevo: cercando in Google ecco apparire dei biplani. E dei club di biplanisti! Evviva!
Un clic e finisco nel Biplano Club Italia. Da informatico storco la bocca a vedere la pesantezza del codice di questo sito ma da innamorato dei biplani sono al settimo cielo. Ci sono informazioni, tante, tutte quelle che sognavo. Schede dei biplani, link ai rivenditori di biplani, collegamenti ai piloti e mail per poter scambiare informazioni con loro.
C'è gente che vola con i biplani, sono in Italia, sono gentili e disponibili. Wow!

Per incontrare aerei la cosa migliore è partecipare ai raduni e alle manifestazioni. I curiosi appassionati di solito sono bene accetti e non sono rari i piloti che dedicano loro tempo e a volte anche qualche voletto. Così eccomi al raduno dei bicicli a Brescia, dove ci sono mezzi ed esibizioni magnifiche ma ahimé nessun biplano, e tornando verso Roma eccomi a Ozzano, la più grande fiera italiana annuale di aeronautica per umani, dove finalmente incontro il primo biplano della mia vita: uno Starduster SA100 piccolo e magnifico, monoposto, con il suo pilota gentilissimo che mi permette di fare tutte le foto che ho sempre sognato di fare. Foto che hanno uno scopo, ma ne parleremo in un altro post.
E bene, ho incontrato il mio primo biplano! Un mezzo moderno e affascinante, piccolo, non fa affatto paura. Evviva, i biplani esistono, ne ho la prova!

Ma torniamo ai club. Le associazioni di appassionati sono dei concentratori di informazioni. Non c'è enciclopedia tanto potente quanto un club in internet. Dai un'occhiata alla pagina dei biplani sul Biplano Club Italia e ti renderai conto di cosa voglio dire: non ci sono dati accademici, ci sono i commenti di chi vola regolarmente per passione con quel mezzo. In alcuni casi, come per la splendida scheda del Fisher 404 giallo, ci sono anche i link all'articolo pieno di foto sulla sua costruzione e la mail del costruttore-pilota per chiedere qualsiasi informazione.
Io trovai anche la notizia che da lì a breve alcuni biplani avrebbero fatto un raid che li avrebbe portati non lontano da me, a Santa Severa, su una bella aviosuperficie con un ristorantino consigliabile. E ovviamente con tutta la famiglia eravamo lì a dare loro il benvenuto, incontrando alcune delle persone che conoscevo solo dalle firme nel sito del club, primi tra tutti Gianpaolo Tucciarone ed Ermete Grillo, ambedue di una gentilezza e disponibilità totale. Erano tanto contenti di incontrare uno che stava intraprendendo l'ardua strada per diventare pilota di biplani almeno quanto io ero contento di incontrare dei piloti con i loro biplani.

Ovviamente di club non ne esiste solo uno ma questo è il primo che ho incontrato e la sua abbondanza di informazioni (e la disponibilità dei suoi membri: poi con Gianpaolo ci siamo visti alla sua aviosuperficie, mi ha fatto infilare nel suo biplano di cui conservo ancora foto meravigliose della mia prima apparizione come finto biplanista e ora Gianpaolo è un amico) mi ha fatto fermare le ricerche. C'è un altro importante club che ho conosciuto più tardi, il cui sito rimasto senza aggiornamenti da troppi anni e senza schede informative è meno invitante, il Biplano Club Europa. Ma questo club è stato anche più importante del primo, come vedremo in seguito, per la strabiliante disponibilità e l'aiuto incondizionato del suo incredibile fondatore in uno dei miei momenti più difficili nel percorso da pollo ad aquila.
Facebook è pieno di gruppi di volo, quindi è un'altra miniera; ovviamente il Biplano Club Italia ha anche qui una costola attiva fonte di meravigliose foto e preziose informazioni sugli avvenimenti in preparazione.

Ecco, è bastato Google per entrare nel mondo dei biplanisti ed è come se una seconda realtà fatta di tiranti e ridondanti semiali venisse ora proiettata in sovrapposizione alla realtà più banale fatta di uffici e posteggi mancanti.
Quindi il consiglio di questo post è semplicemente di fare affidamento ai club, alle persone e alle informazioni, alle manifestazioni – in breve: a Google, hehee! – per conoscere davvero i biplani. Entrare in un mondo antico attraverso una porta moderna, sì, ma funziona.

martedì 5 gennaio 2016

7. Il triciclo è per i bambini

Incredibile, avevo un aereo. Diciamocelo, non aveva proprio l'aria del mezzo nuovo e affidabile, e dovevo fare pratica di biciclo prima di azzardarmi a staccare le ruote da terra con quel gioiello grezzo.

Ho già parlato del biciclo?
Noi siamo abituati a vedere aerei con due ruotoni sotto le ali e un ruotino sul muso. Tricicli, come nell'immagine in alto. Comodi, moderni, si atterra tenendo il muso appena puntato in alto così da poggiare i ruotoni e poi la velocità diminuisce e il musetto scende a far toccare la sua ruota. Ruota che sterza come quella di una macchina, quindi a terra è un gioco rullare in cerca del posto dove parcheggiare il mezzo.
In questi aerei il centro di gravità ovviamente è posizionato davanti alle ruote grandi così che, dopo aver toccato terra con le due ruote sotto l'ala, a terra scenda il muso col suo ruotino e non la coda.
Ma ora abbiamo aviosuperfici e aeroporti da gran signori. Una volta no, si decollava nei campi, senza una pista. Il che significa che l'elica doveva trovarsi più in alto possibile per evitare di diventare una falciatrice e rompersi in mille scheggie. Non avete idea di cosa faccia all'elica in movimento l'impatto con quei teneri ciuffi d'erba. Mica sono così tanto teneri se colpiti alle velocità che l'elica tiene in decollo! Stiamo parlando di diciamo 2500 giri al minuto, ossia più di 40 giri al secondo e l'impatto viene fatto dall'estremità dell'elica che, essendo più lontana dal centro di rotazione, è anche la parte che corre più veloce.
Così un tempo l'elica doveva stare lontana dal suolo e, dato che l'elica stava davanti all'aereo, era il muso che doveva stare lontano dal suolo.
Per questo i vecchi aerei, biplani in testa, hanno due belle ruote robuste sotto le ali e un ruotino piccolo sulla coda: poggiando la coda a terra il muso sta bello alto e l'elica si discosta dalla fatale erba.
Il che significa che nei vecchi aerei il centro di gravità, il baricentro, sta dietro le ruote anziché davanti, e questo fra un attimo spiego che razza di divertimento sia.
La coda che poggia a terra per l'attrito sul terreno sarebbe stata consumata dopo un paio di decolli quindi veniva fornita di un pattino in legno o metallo e questo dava il nome di biciclo al mezzo visto che aveva solo due ruote. Ora il pattino di coda è sostituito da decenni da un piccolo ruotino e quindi un neofita non capisce il senso di quel nome biciclo, contando comunque tre ruote in totale; quindi sarebbe meglio chiamare questa scelta con il nome di carrello classico sottolineando il fatto che è stato il primo e il più usato in passato.

Dicevo: il centro di gravità dietro le ruote. Uno si chiede: embè? E che cambia?
Un corno. Prova a correre trascinando una carriola: lei ti segue obbediente, tu tiri il suo baricentro che le sta davanti e lei non può fare altro che starti dietro. Ora prova a correre tenendola davanti a te: appena non è più in asse con la spinta della tua corsa tende a frenare scansandosi dalla traiettoria e mettendosi storta, tu la superi e lei si rovescia trascinandoti a terra. Ecco, questo è il carrello biciclo.
Sei in atterraggio, motore al minimo, due ruote a terra, poi anche il ruotino; la resistenza prima dell'aria e poi delle ruote principali sul terreno tende a frenare l'aereo che ha una sua inerzia, sei un uomo che corre in discesa con una carriola davanti la cui ruota tenta di frenare. La coda cerca in tutti i modi di scodinzolare e sorpassare le ruote e se accade non c'è santo che tenga, un'ala struscia in terra e facilmente si rompe. Bisogna prevenire costantemente, senza un attimo di tregua.
Il biciclo è impegnativo e proprio in virtù dell'impegno richiesto dà più gusto al pilota. Chiunque è capace di portare un triciclo, mentre non è così per un biciclo.
E questo dell'atterraggio è solo uno dei gustosi problemi. Immagina di decollare e atterrare col muso ancora alto davanti a te come nella seconda foto, che ti copre totalmente la vista della pista. Wow. C'è del masochismo nei piloti di bicicli. E non parliamo del tipo di atterraggio che facilmente degenera in uno o più rimbalzi molto poco sani proprio per la natura della posizione dell'aereo che, come abbassa il ruotino, si trova di nuovo con la prua verso l'alto come pronto a decollare di nuovo.
Non c'è dubbio: i tricicli sono per i bambini.

A me non importa tanto del gusto masochistico di un biciclo, anzi credo che se non avessi avuto questo problema avrei volato enormemente di più. Dover imparare a volare col biciclo dopo un corso fatto tutto col triciclo è come imparare a suonare la chitarra elettrica nel rock più spietato e poi trovarsi con un liuto a dover eseguire musica barocca. Ma i biplani sono tutti bicicli quindi mi sono messo l'anima in pace: volevo il biplano? Bene, dovevo imparare il biciclo.
E l'inaspettato tubi e tela I-B302, nato Tierra II della Teratorn poi divenuto per passaggi aziendali un T-Bird II della Indy Aircraft, era guardacaso un mezzo biciclo.
Non solo: era un tubi e tela biciclo. Il massimo.
Nel tentativo di imparare (e prossimamente vedremo le difficoltà) ho rotto il carrello d'atterraggio facendo il canguro, una volta io e una volta un altro pilota. Se fosse stato il carrello di un biplano sarei stato rovinato: qui è un tubi e tela, si toglie il tubo rotto, si infila un tubo nuovo e si riparte. Evviva.

Consiglio: volete imparare qualcosa di difficile? Prendete un tubi e tela e seviziatelo. Solo dopo avergli fatto tutto ciò che è possibile fargli passate su aerei più costosi.

6. Il primo aereo non si scorda mai

Teratorn Tierra II, alias Indy Aircraft T-Bird IIQuasi brevettato, capace di fare un circuito e poco più, con tanta voglia di volare e pochi soldi per farlo.
Serviva esperienza, il che significa ore di volo. A cento euro l'ora l'unica possibilità che avevo era tornare a volare solo in parapendio. Santo parapendio.
Invece?
Il caso è sempre un amico spiritoso.
Io avevo tempo da perdere e Adriano, simpatico pilota con cui stavo facendo amicizia, aveva un lavoro da fare che rimandava da ore. Di sicuro era un lavoro su un aereo e dato che mi piace girare intorno agli aerei anche se sono in hangar eccomi volontario per aiutarlo.
"Che lavoro devi fare, Adriano?"
"Un lavoro brutto."
Mi spiegò e capii il motivo per cui lo rimandava.
Adriano aveva un aereo tubi e tela.

Parentesi riassuntiva: negli anni '70-'80, quando l'aviazione popolare ha iniziato a diffondersi, gli aerei più economici erano semplicissimi. Una struttura di tubi, la tela sui tubi a formare le ali e i piani di coda, nei più lussuosi a formare anche la cabina. Un motore di fortuna, un sedile, una tanica di benzina. E si volava. Certo, erano aerei lenti, sensibili al vento e alle turbolenze, dal volo ingessato, ma erano semplici da gestire e sembravano astronavi nella logica dei tempi. Ecco i tubi e tela.

Adriano aveva un bel tubi e tela che non avevo mai visto. Ma ora gli era arrivato un secondo aereo, un aereo più vero, e il tubi e tela stava a occupare un posto in hangar con relativa quota da pagare senza più essere usato. Aveva provato a venderlo ma chi vuole più un tubi e tela oggi? Anche i piloti più spiantati (eccomi!) sembrano dire "se questo coso buffo è l'unica opportunità che ho per volare, bene, allora non volo".
Invece era lì il gusto di Icaro: in quegli accrocchi casalinghi che per magia ti portavano su, atterravano e decollavano in fazzoletti di terra a velocità da Vespa 50, avevano colori da daltonici e l'elica alta per non finire a pezzi nell'erba.
Quindi il lavoro che Adriano rimandava era quello di smontare l'aereo una volta per tutte, ammucchiare tubi, tela e motore in un angolo e pur sapendo che una volta smontato sarebbe stato invendibile almeno avrebbe smesso di pagare il posto hangar.
Vedo il tubi e tela di Adriano, lo vedi anche tu nella foto di questo post, e Adriano vede la mia faccia. "Davvero ti piace?" mi fa, e non potevo dire bugie.
Arancione e bianco. Sì, non piace a tutti, ma a me l'arancione piace. Una cabina che sembra una boccia di vetro, visibilità totale. L'elica dietro le ali, a spingere. Una struttura nera di metallo che urlava "sono SOLIDA!" e il carrello Tundra, un tipo di ruotoni grossi e resistenti adatti ad atterrare ovunque, campi, spiagge, strade. Struttura biciclo, come un biplano, mi sarebbe servito a fare esperienza. Biposto, per caricare un amico o un sacco a pelo con tenda e girare l'Italia.
Insomma, Adriano non era riuscito a venderlo nemmeno a prezzo ridicolo, io non potevo permettermelo nemmeno a quel prezzo ridicolo, abbiamo concordato un compromesso e in quindici minuti ero proprietario di un aereo! Ero tanto emozionato che tornando a casa ho sbagliato strada e sono arrivato mezz'ora dopo.

Ma indipendentemente dalle coincidenze e dal mio fortunato caso, per chi vuole volare con poco le occasioni ci sono. Aerei tubi e tela nuovi (ora tornano di moda e si chiamano minimali, basso costo iniziale, bassissimo consumo, manutenzione nel garage di casa) a prezzi da scooter. Consentono di fare un mucchio di pratica con un mucchio di divertimento. Ora lo so.
Per chi vuole il mezzo essenziale c'è il pendolare. E' un deltaplano con un triciclo sotto e il motore dietro il triciclo; mono o biposto, carenato come una moto da corsa o spartano e ripiegabile per chi vuole portarlo in macchina. I veri minimali sono i pendolari ridotti all'osso, i minitrike, nati in questi ultimi anni perché tagliano anche l'ultimo scoglio del volo: il costo dell'hangaraggio. E sì, dal momento che sia un piccolo tubi e tela sia un grosso ultraleggero moderno e costosissimo devono essere ricoverati in un hangar e pagare una cifra tra i 100 e i 200 euro al mese, prezzi di qui, intorno a Roma. Per questo molti preferiscono comprare un aereo "vero" piuttosto che un tubi e tela: tanto poi la spesa fissa è la stessa. Anzi è quasi immorale pagare centocinquanta euro al mese per un pulcioso tubi e tela da mille euro mentre è equilibrato pagarli per un aereo ala bassa in carbonio da duecentomila euro, no?
Dicevo: il pendolare minimale lo pieghi, lo metti in macchina e lo stivi nel tuo garage, e così ti eviti la spesa idiota dell'hangaraggio. Magnifico, vero?

Nel post scorso parlavo delle classi di mezzi volanti. Chi prende un attestato di volo può volare sui mezzi della classe per cui ha preso il brevetto. E possono essere paramotori, pendolari (detti due assi perché i loro comandi permettono al pilota di far ruotare il mezzo solo su due assi: quello di beccheggio, naso su o giù, e quello di rollio, dove l'estremità di un'ala scende mentre quella opposta si alza), gli autogiri (bestie particolari dalle proprietà fantastiche ma che richiedono motori ipervitaminizzati), elicotteri e finalmente tre assi (gli aerei comuni: oltre i due assi di beccheggio e rollio il pilota comanda anche l'asse di imbardata, ossia il tipo di rotazione che fa chi è seduto su una sedia girevole). Ogni classe ha i suoi vantaggi e i suoi difetti, i suoi estimatori e i suoi detrattori, ma tutte permettono di gustare la gioia del volo e quindi le differenze sono solo motivo di chiacchiera.

Insomma: avevo un aereo. E stavolta mi fermo qui, con la morale che chiunque con poco può avere un primo aereo e godersi il volo se non è troppo schizzinoso.