Sì, un biplano, esatto.

Ce n'era bisogno?
No, ovviamente no.
"Un uomo senza blog è come un pesce senza bicicletta" dice più o meno il saggio e questi sono tempi in cui ci sono più blog che uomini, pesci e biciclette messi insieme.
E allora?
E allora eccomi qui a fare un altro ennesimo blog nascosto tra i milioni di altri blog. Perché sì. Perché io ho una passione, male comune nella razza umana, e leggere quei pochissimi blog esistenti su questa mia inusuale passione mi ha dato l'energia per arrivare in fondo, mi ha dato emozioni tali che un infermiere potrebbe scambiare per sintomi di epilessia.
Così ecco questo blog: uno tra i tantissimi blog, ma uno tra i pochissimi a parlare di biplani.
E non dei biplani degli eroi o dei pilotoni con carte di credito placcate d'oro. No.
Sono un impiegato, ho una famiglia, ho come tutti mandrie di simboliche nuvole nere che tolgono il sole e a volte mi fradiciano: se ci sono riuscito io può riuscirci chiunque. E un blog che racconta una storia simile non l'ho mai trovato, e se l'avessi trovato, caspita!, mi avrebbe reso felice.
Ho una chance di rendere felice qualcuno, come non approfittarne? :)
Quindi iniziamo: "C'era una volta un biplano..."

martedì 5 gennaio 2016

7. Il triciclo è per i bambini

Incredibile, avevo un aereo. Diciamocelo, non aveva proprio l'aria del mezzo nuovo e affidabile, e dovevo fare pratica di biciclo prima di azzardarmi a staccare le ruote da terra con quel gioiello grezzo.

Ho già parlato del biciclo?
Noi siamo abituati a vedere aerei con due ruotoni sotto le ali e un ruotino sul muso. Tricicli, come nell'immagine in alto. Comodi, moderni, si atterra tenendo il muso appena puntato in alto così da poggiare i ruotoni e poi la velocità diminuisce e il musetto scende a far toccare la sua ruota. Ruota che sterza come quella di una macchina, quindi a terra è un gioco rullare in cerca del posto dove parcheggiare il mezzo.
In questi aerei il centro di gravità ovviamente è posizionato davanti alle ruote grandi così che, dopo aver toccato terra con le due ruote sotto l'ala, a terra scenda il muso col suo ruotino e non la coda.
Ma ora abbiamo aviosuperfici e aeroporti da gran signori. Una volta no, si decollava nei campi, senza una pista. Il che significa che l'elica doveva trovarsi più in alto possibile per evitare di diventare una falciatrice e rompersi in mille scheggie. Non avete idea di cosa faccia all'elica in movimento l'impatto con quei teneri ciuffi d'erba. Mica sono così tanto teneri se colpiti alle velocità che l'elica tiene in decollo! Stiamo parlando di diciamo 2500 giri al minuto, ossia più di 40 giri al secondo e l'impatto viene fatto dall'estremità dell'elica che, essendo più lontana dal centro di rotazione, è anche la parte che corre più veloce.
Così un tempo l'elica doveva stare lontana dal suolo e, dato che l'elica stava davanti all'aereo, era il muso che doveva stare lontano dal suolo.
Per questo i vecchi aerei, biplani in testa, hanno due belle ruote robuste sotto le ali e un ruotino piccolo sulla coda: poggiando la coda a terra il muso sta bello alto e l'elica si discosta dalla fatale erba.
Il che significa che nei vecchi aerei il centro di gravità, il baricentro, sta dietro le ruote anziché davanti, e questo fra un attimo spiego che razza di divertimento sia.
La coda che poggia a terra per l'attrito sul terreno sarebbe stata consumata dopo un paio di decolli quindi veniva fornita di un pattino in legno o metallo e questo dava il nome di biciclo al mezzo visto che aveva solo due ruote. Ora il pattino di coda è sostituito da decenni da un piccolo ruotino e quindi un neofita non capisce il senso di quel nome biciclo, contando comunque tre ruote in totale; quindi sarebbe meglio chiamare questa scelta con il nome di carrello classico sottolineando il fatto che è stato il primo e il più usato in passato.

Dicevo: il centro di gravità dietro le ruote. Uno si chiede: embè? E che cambia?
Un corno. Prova a correre trascinando una carriola: lei ti segue obbediente, tu tiri il suo baricentro che le sta davanti e lei non può fare altro che starti dietro. Ora prova a correre tenendola davanti a te: appena non è più in asse con la spinta della tua corsa tende a frenare scansandosi dalla traiettoria e mettendosi storta, tu la superi e lei si rovescia trascinandoti a terra. Ecco, questo è il carrello biciclo.
Sei in atterraggio, motore al minimo, due ruote a terra, poi anche il ruotino; la resistenza prima dell'aria e poi delle ruote principali sul terreno tende a frenare l'aereo che ha una sua inerzia, sei un uomo che corre in discesa con una carriola davanti la cui ruota tenta di frenare. La coda cerca in tutti i modi di scodinzolare e sorpassare le ruote e se accade non c'è santo che tenga, un'ala struscia in terra e facilmente si rompe. Bisogna prevenire costantemente, senza un attimo di tregua.
Il biciclo è impegnativo e proprio in virtù dell'impegno richiesto dà più gusto al pilota. Chiunque è capace di portare un triciclo, mentre non è così per un biciclo.
E questo dell'atterraggio è solo uno dei gustosi problemi. Immagina di decollare e atterrare col muso ancora alto davanti a te come nella seconda foto, che ti copre totalmente la vista della pista. Wow. C'è del masochismo nei piloti di bicicli. E non parliamo del tipo di atterraggio che facilmente degenera in uno o più rimbalzi molto poco sani proprio per la natura della posizione dell'aereo che, come abbassa il ruotino, si trova di nuovo con la prua verso l'alto come pronto a decollare di nuovo.
Non c'è dubbio: i tricicli sono per i bambini.

A me non importa tanto del gusto masochistico di un biciclo, anzi credo che se non avessi avuto questo problema avrei volato enormemente di più. Dover imparare a volare col biciclo dopo un corso fatto tutto col triciclo è come imparare a suonare la chitarra elettrica nel rock più spietato e poi trovarsi con un liuto a dover eseguire musica barocca. Ma i biplani sono tutti bicicli quindi mi sono messo l'anima in pace: volevo il biplano? Bene, dovevo imparare il biciclo.
E l'inaspettato tubi e tela I-B302, nato Tierra II della Teratorn poi divenuto per passaggi aziendali un T-Bird II della Indy Aircraft, era guardacaso un mezzo biciclo.
Non solo: era un tubi e tela biciclo. Il massimo.
Nel tentativo di imparare (e prossimamente vedremo le difficoltà) ho rotto il carrello d'atterraggio facendo il canguro, una volta io e una volta un altro pilota. Se fosse stato il carrello di un biplano sarei stato rovinato: qui è un tubi e tela, si toglie il tubo rotto, si infila un tubo nuovo e si riparte. Evviva.

Consiglio: volete imparare qualcosa di difficile? Prendete un tubi e tela e seviziatelo. Solo dopo avergli fatto tutto ciò che è possibile fargli passate su aerei più costosi.

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