Sì, un biplano, esatto.

Ce n'era bisogno?
No, ovviamente no.
"Un uomo senza blog è come un pesce senza bicicletta" dice più o meno il saggio e questi sono tempi in cui ci sono più blog che uomini, pesci e biciclette messi insieme.
E allora?
E allora eccomi qui a fare un altro ennesimo blog nascosto tra i milioni di altri blog. Perché sì. Perché io ho una passione, male comune nella razza umana, e leggere quei pochissimi blog esistenti su questa mia inusuale passione mi ha dato l'energia per arrivare in fondo, mi ha dato emozioni tali che un infermiere potrebbe scambiare per sintomi di epilessia.
Così ecco questo blog: uno tra i tantissimi blog, ma uno tra i pochissimi a parlare di biplani.
E non dei biplani degli eroi o dei pilotoni con carte di credito placcate d'oro. No.
Sono un impiegato, ho una famiglia, ho come tutti mandrie di simboliche nuvole nere che tolgono il sole e a volte mi fradiciano: se ci sono riuscito io può riuscirci chiunque. E un blog che racconta una storia simile non l'ho mai trovato, e se l'avessi trovato, caspita!, mi avrebbe reso felice.
Ho una chance di rendere felice qualcuno, come non approfittarne? :)
Quindi iniziamo: "C'era una volta un biplano..."

mercoledì 16 ottobre 2019

13. Portiamolo a casa

E torniamo a noi.
Stavolta andiamo un po’ avanti con la storia. mi serve per presentare gli argomenti utili a chi sta pensando che in fin dei conti non è così assurda l’idea di vedersi dentro il proprio biplano.

Così eravamo arrivati al momento in cui avevo un tubi e tela bianco e arancione. Un aereo biciclo e nessuno in grado di darmi una mano a imparare a pilotarlo. Beh in realtà ancora c’erano tante promesse: ma sì poi ti faccio vedere io, ma certo un giorno voliamo insieme, ma dai conosco uno che ti mette a disposizione il suo biciclo per imparare. Bello bello. Tutte chiacchiere ma ancora non lo sapevo.
Nel momento in cui – toh! – appare l’annuncio del piccolo biplano monoposto venduto esattamente alla cifra che avevo in tasca non mi preoccupo più del fatto che da un anno ho un tubi e tela che ha volato pochissimo perché ancora non so atterrare con un biciclo, ho le chiacchiere che mi promettono che presto imparerò: quindi si parte subito a vedere il biplano in Sicilia. Con un tecnico che aveva la mia fiducia ovviamente e quindi mi sono fidato del suo “va benissimo, compralo e volalo”.  Spoiler: lo sappiamo, vero, che poi ci ho dovuto lavorare mesi per metterlo in sicurezza, sì? Sto imparando a dosare con molta tirchieria la fiducia ai tecnici. Parliamone a fine post.

Abbiamo già detto che un biplano che ci piace troppo è un acquisto azzardato perché presi dalla passione non vedremo la realtà. E quel Fisher 404 mi piaceva davvero troppo. Sembrava l’aereo di Topolino col carciofo del paracadute sopra, un giocattolone colorato. Mi piaceeeeva.

Così è venuto il momento di saldare e portare il mezzo a Roma.
Nella mia mente era logico: lo si porta in volo. L’aereo vola, quindi si va in volo. Fosse stata una barca l’avrei portata navigando, no?
Sbagliato. Lo stesso ex proprietario me l’ha sconsigliato. Così come ora lo sconsiglierei a chiunque.
Perché?
Perché sarebbe il primo volo. Un conto è passare un paio di settimane sul posto e imparare a volarlo con calma, imparare a conoscerlo, e poi si può pensare al volo.
Ma anche così non lo consiglierei: un aereo di seconda mano, come abbiamo visto, ha per principio una serie di problemi da sistemare prima di essere reputato affidabile. Perciò non basta saperlo pilotare bene, e no, bisogna passarlo tutto al lanternino insieme a qualcuno davvero in gamba per poter dire “ecco, ora è affidabile”.
Io non sapevo pilotarlo, nemmeno riuscivo ad atterrare con un biciclo senza sfasciare un carrello, e volevo portare un aereo mai controllato lungo una rotta che non conoscevo per mezza Italia: hehee, l’ottimismo è un conto, qui siamo nell’idiozia.

Allora: come si porta un aereo?
Sì, perché i biplani sono così pochi che il giorno in cui troverai il tuo biplano in vendita quasi sicuramente sarà davvero lontano da casa tua.

Il vantaggio del monoposto è innegabile: è piccolo.
Ho noleggiato un furgone Iveco Daily Gran Volume, ho ringraziato qualunquecosasia di avere un eccezionale amico disponibile a venire con me e in possesso di una lista di patenti mai vista prima, e via per la Sicilia. Un giorno a smontare le ali e i piani di coda del biplano segnando con scotch di carta ogni cosa, poi caricare il tutto nel furgone insieme a polistirolo e coperte e scoprire che ci entra per pochi centimetri, e infine via verso Roma!
Il momento bello è stato quando eravamo sullo Stretto. C’era un traghetto, nel traghetto un furgone, nel furgone un aereo. Non so perché ma questa cosa di scatole cinesi mi piace da matti.
A Roma: scaricare, consegnare il furgone, rimontare. Totale: tre giorni, mille euro tra noleggio, benzina, pernotto e cibo. Posso dire di essere stato fortunato.

Ma se l’aereo fosse stato biposto?
Ecco, allora sarebbe stato un problema.
Esistono carrelli aperti per le barche o altro da agganciare dietro la macchina (una macchina con un buon motore ovviamente) ottimi per caricarci su tutto l’aereo, con le ali smontate e appoggiate lateralmente alla fusoliera, ma trovare un’anima pia che abbia il carrello e ce lo metta a disposizione è impossibile. Ovviamente una volta trasportato il mezzo ci sarà una folla di persone che diranno “Ma caspita, me lo potevi dire che ti prestavo io il carrello!” e questo non fa bene all’umore.

Se l’aereo è in condizioni di volare si può cercare un pilota esperto che per una cifra non eccessiva si prenda la briga di portarlo a destinazione in volo. Molti fanno così. Ma questa per me è decisamente l’ultima delle soluzioni, per due incontrovertibili motivi: primo, l’aereo appena acquistato va comunque controllato tutto ma proprio tutto prima di fargli fare un volo impegnativo, alla faccia di quello che dice il proprietario, altrimenti il nostro pilota esperto rischia la vita al posto nostro. Secondo, se l’aereo viene ritenuto idoneo a volare allora davvero qualcun altro, per di più pagato da me, deve prendersi il piacere unico del primo vero volo di trasferimento, dell’occasione di conoscere il mezzo mentre lo si accompagna alla sua nuova casa? Scherziamo? Il mio amico Mila ancora ricorda il suo volo più bello: quando ha portato il suo mezzo appena comprato e rimesso a posto dalla Germania sino in Emilia Romagna. Io ricordo il mio volo perfetto: quando ho portato per la prima volta il mio secondo biplano dal Veneto, dove era stato mesi sotto l’occhio di un tecnico mentre io imparavo a conoscerlo in volo, sino al Lazio.

C’è una sola eccezione alla regola del non far volare ad altri il proprio aereo per portarlo a casa: quando è l’ex proprietario a dire “te lo porto io”. In tal caso lui lo conosce, ci ha volato, sa bene lo stato di sicurezza dell’aereo e il fatto di portarlo lui in volo è la dimostrazione che l’aereo è davvero a posto come dice. No, tranquillo, poi ci saranno senza dubbio altre cose che non vanno quando comincerai a guardarlo da vicino, funziona così.
Io quando poi ho venduto il piccolo Fisher siciliano, all’acquirente che voleva smontarlo e caricarlo su un furgone per portarlo a Grosseto ho detto che sarei stato felice di portarglielo io in volo, mi fidavo del mio aereo e non avevo problemi, anzi, mi sarei goduto l’ultimo bellissimo viaggio. Ho insistito perché mi saldasse l’aereo solo dopo la consegna per correttezza perché in effetti ogni volo ha i suoi rischi e se avessi avuto problemi nel recapitarglielo poi si sarebbe trovato ad aver pagato un aereo danneggiato. Ma tanto mi fidavo davvero molto del mio aereo, aveva avuto gli ultimi controlli del tecnico che avevo portato in Sicilia… Ach, tecnico che per la fretta oltre a varie mancanze di attenzione regolò in maniera asimmetrica gli alettoni. C’era turbolenza e vento e continuavo a dare la colpa dell’assetto di volo un po’ storto al meteo, chi avrebbe pensato che il tecnico avesse fatto un errore così idiota solo per la fretta di farmi partire, che gli serviva liberare il posto nella sua officina. 

Torniamo al problema del trasporto.
La soluzione più piacevole quindi sarebbe quella di prendersi del tempo, portare un tecnico per controllare lo stato del mezzo e un meccanico per accertarsi dell’efficienza del motore, imparare a conoscere il mezzo con voli progressivi e infine staccare le ruote e affrontare il volo verso casa magari con un amico che ci affianca col suo aereo. Ma questa è la soluzione più difficile da realizzare.
La soluzione più pratica è quella di convincere l’ex proprietario a fare lui il trasporto in volo, dicendogli che visto che ha ripetuto mille volte che l’aereo è a posto e pronto a volare, questa è l’occasione per dimostrarlo. Però se si ha a che fare con un motore a due tempi le cose cambiano, molte persone non vogliono fare viaggi lunghi col due tempi e lo stesso ex proprietario potrebbe essere dispostissimo a stare sei ore in volo sopra la sua aviosuperficie ma negarvi l’idea di affrontare un’ora e mezza di viaggio per portarlo lontano. 

Comunque il piccolo biplano, ribattezzato Melody da mia figlia, arrivò via terra alla sua nuova casa a Sutri e ancora ho un video del suo uscire dal furgone e venire montato. Un giocattolo.

Dovrei parlare un attimo dei tecnici.
La cosa più importante da sapere è di non sapere. E se non sai devi rivolgerti a chi sa. Quindi un tecnico. Uno che conosce i materiali, le forme, l’aerodinamica, le riparazioni, i punti deboli.
Nell’Aviazione Generale, dove tutto è certificato e standardizzato da procedure, i tecnici sono divinità e le loro parcelle sono le parcelle di divinità.
Nel VDS, dove al confronto tutto sembra essere fatto per gioco, i tecnici quasi sempre sono persone che per la legge sono tutt’altro. Disoccupati, impiegati, persone che non hanno studiato affatto per fare quel mestiere ma che pian piano ci si sono trovate e ogni bacino di volo ha il suo riferimento, spesso senza concorrenza.
Frequentemente il lavoro di un tecnico viene criticato da un altro tecnico, “guarda quel pazzo cosa ha fatto al tuo aereo, ma vuole farti precipitare?” e chi non sa rimane esterrefatto.
Scegliere un buon tecnico è più importante che scegliere un buon istruttore.
Evidentemente il tecnico di cui mi ero fidato, e che comunque è portato sugli allori da altri piloti, consigliandomi frettolosamente l’acquisto del Fisher senza valutare davvero il mezzo e facendomi passare poi l’inferno per le riparazioni che gli avevo chiesto sino a mettermi in difficoltà costringendomi a volare via dalla sua officina con l’aereo non collaudato in un giorno di meteo avverso e con gli alettoni montati male è stato un tecnico discutibile.

Non ho una formula per capire se un tecnico meriti fiducia. O meglio non l’avevo sino a un mese fa. Quando mi capitò una cosa che da sola merita un post e grazie a questo evento inaspettato ho conosciuto un meccanico certificato, tecnico pignolo come tutti i tecnici dovrebbero essere, che come unico mestiere lavora sugli aerei; e ho visto i mezzi con cui vola, perché un tecnico che non vola col suo mezzo è come un barista che non beve caffè: diffidane. Ho visto che quando si trova di fronte a un aereo prima cerca di capirlo, poi affronta il problema con l’anamnesi, fa test comparativi che inducono a ragionamenti, formula una diagnosi e da lì alla terapia precisa il passo è breve. Un dottore insomma. Uno che pensa a quello che fa e fa quello che pensa. E nel frattempo spara battute. Sarò strano io ma considero chi spara battute più intelligente degli altri: anziché ponderare solo il lato serio della cosa apre la mente e osserva anche gli altri aspetti non logici, perciò con una tale inclinazione sarà più facile per lui elaborare soluzioni non ovvie.

Quindi un buon tecnico, o un buon meccanico, secondo me deve farlo a tempo pieno, deve avere un furgoncino da lavoro che gli permetta di portare i suoi strumenti dove serve la sua opera, deve volare, deve avere mezzi volanti che siano il suo biglietto da visita, deve ascoltare e ragionare e fare battute e infine deve perdere tempo con particolari dell’aereo non inerenti al problema che sta riparando. Sì, perché non perde tempo solo chi fa un lavoro per soldi, mentre il fermarsi davanti all’aereo a esaminarlo come fosse una pin up oltre a indicare la necessaria pausa per il ragionamento (esiste una parola ebraica, Selah, che indica la pausa per riflettere) indica anche che si prova passione per quello che si fa. Il buon tecnico inoltre dice “Aspetta, ti aiuto io” se ti vede in difficoltà, non attende che lo chiami col prezzario in mano. Ultimo: il buon tecnico dice di no quando lo ritiene opportuno, non accetta tutti i lavori, e un tecnico davvero in gamba rifiuta i lavori che non lo appassionano. Ecco, se trovi una persona così fagli un monumento.
Ebbene sì io l’ho trovata, dovrò attraversare mezza Italia per far fare la manutenzione al mio biplano attuale ma santo cielo sarà l’occasione per sgranchire le ali.

E ora che mi sono inimicato il 90% dei tecnici passiamo al prossimo argomento. 

martedì 21 maggio 2019

12. La prima volta di Paolo

Ho fatto un blog su come scegliere un biplano ma ce ne dovrebbe essere uno più importante ancora: il blog su come scegliere il proprio compagno d'hangar. Certo, ci sono hangar singoli, ma costi a parte il bello del volo con questi meravigliosi mezzi è la condivisione: se si insegue un sogno è bene puntare al massimo e in questo caso il massimo è avere per compagno d'hangar un altro biplanista, simpatico, propositivo, con un aereo piccolino e facile da muovere e che magari riempia l'hangar di cose utili dicendo poi "usale quando vuoi". Hehee. Più raro di un idraulico la sera di Natale, eh?
Non ho fatto un blog simile perché tale compagno d'hangar perfetto m'è capitato: è Paolo. Paolo De Vita, che a vederlo deborda simpatia come un animatore di villaggi turistici per aviatori e solo quando si mette la divisa graduata dell'Aeronautica viene il sospetto che in realtà si guadagni da vivere differentemente.

Beh, compagni d'hangar così vanno condivisi. Ecco perché gli ho chiesto "Paolo, scriveresti qualche riga per il blog dove racconti qualcosa?" Per avere da lui un punto di vista differente, un consiglio differente dai miei. E lui ha scritto qualche riga, che ripropongo con piacere qui perché quello che racconta contiene un insegnamento essenziale, un dato di fatto assurdo eppure indiscutibile.
Paolo racconta di che fine fanno i problemi. Quelli che prima del decollo ci attanagliano, quelli che prima dell'acquisto di un biplano ci bloccano, quelli che anche gli attori conoscono prima che il sipario si apra e lo spettacolo cominci. Quelli capaci di bloccarci prima che quel sipario si tolga da davanti e lo spettacolo sia cominciato. Ecco che fine fanno.

Grazie Paolo.




Eh sì, la domanda: “ma chi te lo fa fare?” riecheggia ancora nella mia testa quando ripenso al giorno in cui mi sono infilato per la prima volta nel Boredom Fighter per effettuare il primo volo da solista.
  Solista… In realtà non c’è mai stato un volo in coppia, ossia istruttore più pilota. Per il semplice fatto che il Boredom Fighter è monoposto!
  Biplano, biciclo e monoposto… e se hai letto il Blog del mio compagno di hangar Gianni Sarti (se ami il volo e i biplani non puoi non averlo letto) sai che questi 3 fattori complicano un pochino le cose.
  In realtà per fortuna ne avevo fatta di esperienza su un biciclo, biplano e pure biposto, per cui mentre ero seduto comodamente nell'abitacolo mi sentivo piuttosto preparato, il problema è che non credi mai di esserlo, anzi spesso pensi proprio il contrario.
  E se non riesco a tenerlo in pista? e se non riesco a decollare perché peso troppo? e se non basta la pista? e se non so atterrare? e se c’è un eclissi solare proprio quanto stacco le ruote? …Eh sì di domande te ne fai tante, di situazioni paradossali poi te ne crei ancora di più. Peccato che quel giorno non avevo ancora finito di leggere “Illusioni” di Bach, avrei avuto in tasca buona parte delle risposte alle mille domande!

  L’atterraggio: era quella la fase che più mi aveva dato da pensare nei giorni addietro; con un biplano biposto ero atterrato decine e decine di volte prima di fare il solista, adesso invece dovevo “inventarmi” io l’atterraggio perché proprio non l’avevo mai visto! anzi veramente non avevo visto niente, nemmeno il decollo!
  Fatto sta che mentre seguo questi pensieri già sono arrivato al punto attesa: prova motore, prova magneti, check strumenti, tutto ok. Vado.
  Sono talmente concentrato a tenere l’asse pista e a guardare l’anemometro e giri motore che non mi accorgo che il mio “Indiano” mi ha portato già in volo.
  Te ne accorgi perché ad un tratto tutto diventa improvvisamente silenzioso, ascolti solo il sibilo del vento… E poi il colpo di fulmine.
  Mi prenderete per pazzo ma è stato come non sentire più la minima differenza tra me e il biplano. Non capivo più dove finivano le mie mani e iniziava la cloche, le gambe con la pedaliera, sembrava che su quel biplano avessi volato già migliaia di ore, chissà che in un'altra vita forse già eravamo stati insieme, in un altro mondo, su un altro asteroide. A proposito di asteroide, “l’essenziale è invisibile agli occhi” e ad un tratto in volo c’era tutto l’essenziale ed era ben visibile.

  Il volo è la dimensione del vento e dell’aria e se non voli nel modo più vicino gli uccelli, ossia con il vento sul viso… si può dire? O faccio pubblicità occulta? …godi solo a metà.

Paolo

venerdì 5 aprile 2019

11. Pausa di riflessione e poi si riparte.

Unknown3 aprile 2019 21:03


Ciao Gianni. Ho 13 anni e mi voglio comprare un biplano, biposto ovviamente!
Magari ci faremo anche un giro insieme...chissa
Complimenti comunque mi hai fatto imparare un sacco di cose e scrivi benissimo!!!:)

In verità ho iniziato questo blog solo per mettere ordine tra le cose che mi erano accadute e che avevano trasformato la mia vita da impiegato in qualcosa di totalmente diverso. In cosa? Tempo fa incontrai una persona fantastica che non vedevo da decenni, mi chiese "cosa fai, Gianni? In poche parole, cosa sei diventato?" e io ho potuto solo rispondere "un pilota mannaro". Di giorno impiegato dalla vita noiosa intrappolato in un ufficio dalla dubbia utilità ma poi, quando il vento è giusto, ecco caschetto e occhialoni, ecco rotte e macchie d'olio, e sorrisi, di quelli che in ufficio non se ne vedono mai.
In questo lasso di tempo ho avuto informazioni, tante, sudate, perché partivo da zero e non è facile trovare qualcosa se non sai cosa davvero ti serve, cosa devi cercare. Percorrere una strada è facile se te la indicano, il difficile è capire da soli quale strada dobbiamo imboccare. Quindi mi sono detto, come recita il cappello di questo blog, che se mai ci fosse al mondo una sola persona a cui queste informazioni possano essere utili, bene, allora valeva la pena di scrivere tutto.

Ma, diciamoci la verità, chi mai sarebbe andato a leggere un blog simile? A essere ottimisti credevo ci potessero capitare al massimo un paio di piloti di biplano per vedere cosa ha da dire questo impiegato sul volo. Un mio zio era primo fagotto all'Orchestra di Santa Cecilia. Diceva "Gianni, quando un musicista va a sentire un collega è solo per vederlo sbagliare e raccontare che ha sbagliato" e io di sbagli ne faccio tanti, come quello di dire spesso ciò che penso, così che i piloti visitatori avrebbero subito riportato "Hai visto quel cornuto di Gianni cosa ha detto della mia scuola, del mio club, del mio aereo?"
Quindi speravo che i piloti non ci capitassero. Il che è come sperare che nessuno lo leggesse. 

Poi ho avuto la disavventura della vendita del piccolo biplano, il Fisher 404. L'acquirente aveva letto questo blog, mi ha dato fiducia, ha fatto i suoi controlli e ha acquistato l'aereo. Il piccolo 404 l'ho pilotato io fino alla sua nuova aviosuperficie in Toscana, non capivo perché dovesse smontarlo e portarlo con un furgone quando io non vedevo l'ora di volarci. Purtroppo dopo qualche mese ci sono state delle incomprensioni, capita, e se pensavo di avere guadagnato dalla vendita un amico e un compagno di volo, così non è stato. Anzi, ci sono rimasto tanto male da farmi passare la voglia di andare avanti col blog, di conoscere gente. Mi sono dedicato al mio biplano, Greta; nel frattempo nella mia aviosuperficie si è formato un gruppo di quattro biplani, e anziché parlare ho vissuto in silenzio ciò che riguarda questi strani mezzi.

E infine è iniziato ad accadere.
Un pilota, uno che stimo, che mi dice "ma sei tu quello del blog sui biplani? L'ho letto, mi piace! Devi continuarlo!" e non ci ero preparato, fa piacere. Caro zio, ci sono musicisti che apprezzano i concerti dei colleghi, ora lo so.

Un giorno, una mail. Un apprezzamento per il blog. Un ragazzo dalla Germania. Lui è italiano, è lì per lavoro. "Se vieni in Italia ti faccio provare un volo, sono a Santa Severa" gli dico. È incredibile: lui sta proprio tornando a trovare la famiglia verso Roma. Due giorni dopo siamo in volo sul lungomare, ha un sorriso di quelli che poi fanno male i muscoli delle guance per una settimana e ha le lacrime. Sono emozionato anche io, il mio primo passeggero dopo tanto tempo, dimentico anche di cedergli i comandi per fargli provare a sentire tutte quelle ali sulla cloche. Il suo primo volo in biplano, e sì che era un pilota. Pochi mesi dopo sono da lui, in Germania, e andiamo insieme in Lussemburgo dove ho l'onore di assisterlo nella costruzione del suo biplano. Perché questo blog, quel volo, gli hanno fatto capire cosa volesse davvero. Mi sento responsabile di un peso simile, ho contribuito a far cambiare vita a una persona, ma ammetto che ne sono orgoglioso e ripenso a tutti quei rivetti messi insieme accanto a una Leffe scura come a un dono prezioso. Ecco cosa intendo dicendo che il guadagno massimo è quello di ottenere un amico e un compagno di volo.

Poi ancora nella mia aviosuperficie: parlando del mio primo tubi e tela con un nuovo pilota lui mi guarda e riconosce il racconto. "Il blog sui biplani! Sei tu?" e nasce un'altra amicizia, un altro pilota che ora sa che nel suo futuro c'è un biplano. "Prima questo tubi e tela, poi un biciclo per impratichirmi e poi un biplano".
Al suo primo volo sul mio Jungmann mi sono ricordato di dargli i comandi e sono rimasto sorpreso da quanto lo guidasse bene, un feeling naturale. Pensai avesse un centinaio di ore di volo di esperienza, invece forse non arrivava a cinque. Eccezionale.

Devo dire la verità, sono state gioie per me ma non erano ancora abbastanza per tornare a scrivere il blog. Fallire con il ragazzo che ha preso il mio Fisher 404 mi ha fatto davvero male. Diciamocelo, con la vendita di un biplano non ci si guadagna, penso a tutte le spese fatte e supero il prezzo che ho pattuito, l'unico vero guadagno è far felice una persona che poi potrai chiamare amico e ritrovarti con lui lungo una rotta. Non ci sono riuscito. Fa male. Passa la voglia di raccontare, di promettere. Viene da chiudersi nella carlinga e volare da soli o con i compagni di aviosuperficie senza raccontare agli altri.

Poi ecco la magia. Ieri mi arriva un messaggio in coda al post precedente a questo. Ciao Gianni, ho 13 anni e mi voglio comprare un biplano.
E avrei voluto rispondere, ho preparato subito la risposta, ma Blogger per qualche sua ragione non mi ha permesso di rispondergli, e ancora non me lo permette.
Perché la considero una magia? Perché questi post sono lunghi quindi noiosi, parlano di argomenti che possono interessare a pochi e ovviamente un mezzo vintage come il biplano interessa a persone ehm vintage. Ma... "Ho 13 anni". Ricordo io a 13 anni. Pensavo ai razzi interplanetari. Il mio vicino di hangar, l'ottimo pilota Max, a 13 anni iniziava a pilotare, ma il fascino dei biplani l'ha subìto molti decenni dopo. Avere un obiettivo a 13 anni non è da tutti, averne uno così singolare da non poterlo condividere con i ragazzi della stessa età è davvero raro.
E allora ho pensato che se un solo ragazzo ha trovato utile leggere queste righe allora questo blog ha un senso e, tempo permettendo, va continuato. Passando sopra ogni delusione che mi ha fatto fermare. Perché se la persona che qualche anno fa mi ha ceduto la cloche del suo prezioso biplano per insegnarmi, persona che ora considero mio fratello d'ali, avesse dato retta anche lui alle sue delusioni preferendo volare da solo allora io non sarei qui a parlare di biplani. 

Così caro tredicenne eccoti la risposta che non sono riuscito a pubblicarti ieri:

"Grazie! Di messaggi belli ne ho ricevuti diversi ma il tuo li batte tutti! Hai i miei più sinceri complimenti, 13 anni e una determinazione così solida da affrontare la lettura di post lunghi come quelli di questo piccolo blog. :) Devo dire che anche tu mi hai fatto imparare qualcosa, e io che credevo che i più giovani fossero affascinati dai mezzi più veloci e potenti!, così ti chiedo: ti va di raccontarmi perché ti piacciono i biplani? Sono enormemente interessato alla tua risposta.
E se un giorno capiti con i tuoi genitori a Santa Severa fammelo sapere, ti sei pienamente meritato un volo!"